Il FAI de L’Aquila per scoprire sacro e profano, santi e streghe

 

Le giornate FAI d’autunno per scoprire l’arte, la natura e le tradizioni della provincia de L’Aquila, il bello e il buono diffusi.

Abbiamo seguito le giornate FAI d’autunno nella provincia de L’Aquila, in Abruzzo, una regione che ha molto da offrire. È stata premiata come migliore “Regione dell’anno” in occasione dei Food and Travel Italia Awards 2018 che si sono tenuti sabato 12 ottobre (presso il Forte Village Resort a Santa Margherita di Pula, in Sardegna). Il premio, istituito dal periodico internazionale Food and Travel Magazine, ha lo scopo di celebrare le eccellenze italiane ed internazionali che si sono contraddistinte durante l’anno per la propria qualità e i servizi.

Mulino Gasbarri, interno

Alla tenace e infaticabile delegazione del FAI de L’Aquila il compito di aprire e far conoscere, sabato 13 e domenica 14 ottobre, le bellezze artistiche, storiche e naturalistiche meno note o aperte per la prima volta al pubblico.
La mattina di sabato è iniziata con l’inaugurazione del Mulino Gasbarri (a Tempera) riaperto dopo il sisma del 2009. Tra il XIII e XIV secolo erano qui presenti un colorificio, una rameria, una cartiera e quattro mulini idraulici.

Mulino Gasbarri, pale idrauliche

Il Mulino Gasbarri, gestito anticamente dai frati Cistercensi (con il nome di Mulino Casanova), è stato rilevato dalla famiglia Gasbarri nel 1857. Il Mulino era attivo prima del sisma del 2009 e ora, restaurato, è stato restituito agli eredi e alla comunità. Le tre macine ancora in funzione producono farine di frumento, orzo, mais e cereali.

L’eremo Madonna d’Appari potrebbe essere definito la “cappella Sistina” di Paganica (AQ). Si staglia alto addossato alla roccia, fu costruito nel XIII secolo ad opera dagli abitanti a seguito della presunta visione, da parte della pastorella Maddalena Chiaravalle, della Madonna Addolorata con in grembo il Cristo morto. All’inizio era una semplice edicola votiva, poi un tempietto ricavato addossato al massiccio roccioso. Nel santuario viveva, in un semplice ricovero, un eremita che si prendeva cura del sito. La facciata sviluppata in verticale presenta un campanile a vela con tre fornici.

Varcata la soglia si rimane abbagliati dagli affreschi: una rappresentazione “a fumetti” con scene del vecchio e nuovo Testamento, che rivestono la navata unica con volte a crociera. Il presbiterio (probabilmente l’area più antica dell’edificio) si presenta ruotato rispetto all’asse della chiesa e di forma irregolare a causa dell’adiacenza alla parete rocciosa.

Eremo Madonna d’Appari

Anche l’altare si presenta obliquo perchè la chiesa risulta appoggiata alla roccia. Singolare la tunica bianca ricamata del Cristo. Gli affreschi della prima esecuzione sono attribuiti a Francesco da Montereale, quelli della seconda fase al figlio Pierfrancesco. Nella chiesa è presente l’organo di Tommaso Vayola (1857) a membrane con 400 canne.

Eremo Madonna d’Appari, particolare del Cristo portacroce

Bellissimo il sentiero che costeggia il Fiume Vera (riserva naturale regionale Sorgenti del Fiume Vera), un’area naturale protetta di circa 30 ettari attigua al centro abitato di Tempera (frazione de L’Aquila). L’area è stata costituita nel 1983 come parco territoriale attrezzato e ha assunto l’attuale denominazione nel 2004. È possibile percorrere il suggestivo sentiero pedonale, e ciclabile, che dal paese porta alle sorgenti, risalendo il corso del fiume dalle acque smeraldine e trasparenti. Si consiglia l’uso di scarpe da trekking e di evitare le passeggiate dopo le piogge, a causa del fango e delle pozze d’acqua. Sono presenti numerose specie di flora e fauna che rendono l’ambiente particolarmente affascinante.

Fiume Tempera, sentiero

Domenica 14 ottobre è stata l’occasione per visitare l’interessante borgo di
Calascio (AQ). Per la prima volta è stato aperto al pubblico, il Convento dei Gesuiti di S. Maria delle Grazie a Calascio (AQ). Nel 2007 è nata un’associazione che si prende cura del convento, ne cura le attività e la manutenzione. Si tratta di un ex convento francescano, espropriato da Napoleone, acquistato dal Comune e poi dai frati Gesuiti. L’architettura semplice e rigorosa rispecchia i dettami francescani.

Convento dei Gesuiti di S. Maria delle Grazie, chiostro

Si sviluppa su tre livelli. Particolarmente interessante è il chiostro con affreschi nel portico, alquanto deteriorati in tempera a secco, con storie di Maria e di San Giovanni da Capestrano (francescano predicatore). Al centro un pozzo comunicante con la sottostante cisterna per la raccolta di acqua piovana. Altro ambiente artisticamente interessante è il refettorio con stalli lignei del Seicento e un affresco con L’ultima Cena di Fabrizio Micarelli del 1643.

Convento dei Gesuiti di S. Maria delle Grazie, refettorio

Calascio che, insieme a Castel del Monte era lungo il percorso della transumanza, è un borgo caratteristico che merita una visita anche per le sorprese che riserva. Ospita un museo delle armi e un Antico Laboratorio Orafo di Giampiero e Fabio Verna, con ambienti con camini tipici abruzzesi e attrezzi antichi originali.

Calascio, Antico Laboratorio Orafo

All’interno una mostra di gioielli tradizionali artigianali come La Presentosa. Chi non è abruzzese difficilmente ne conosce il significato e l’uso. È un ciondolo identitario a forma di stella realizzato in filigrana, diventato celebre per la descrizione fattane da Gabriele D’Annunzio ne Il trionfo della morte (1894): «Portava agli orecchi due grevi cerchi d’oro e sul petto la presentosa: una grande stella di filigrana con in mezzo due cuori».

In argento o in oro è il simbolo di una promessa di matrimonio, era il primo dono del ragazzo alla fidanzata, il suo nome deriverebbe dal termine presenténze (presentazione del fidanzamento). Poteva avere anche una funzione beneaugurante, di salute, prosperità o come scacciamalocchio.

Stellaria o Stregonia

Nello stesso laboratorio si realizzano anche ciondoli con una madrepora silicizzata (corallo fossile del Gran Sasso e della Maiella) di 20-50 milioni di anni fa, chiamato “Stellaria” o “Stregonia“. Erano considerati degli amuleti antistregonici, si racconta che tenessero lontane le streghe occupate a contarne le punte. Si presenta come una pietra disegnata da tante margherite accostate.

Domenica è stata anche un’occasione per una visita guidata al borgo di Castel del Monte, permeato dall’attività della pastorizia e per assistere a una brevissima scena della “Notte delle Streghe“, un evento che si ripete ogni anno il 17-18 agosto nel centro medievale. Riporta alla luce l’antica credenza delle streghe e il rito per esorcizzarle.

Locanda sotto gli Archi, Lenticchie di Santo Stefano di Sessanio

Arrivata l’ora del pranzo è stato possibile gustare il menù FAI (al costo di 18 euro) negli ottimi ristoranti di Santo Stefano di Sessanio. Un borgo che dal XIII secolo fu compreso nel distretto feudale denominato Baronia di Carapelle, andato poi sotto il dominio dei Medici che fecero erigere la torre medicea simbolo del borgo (purtroppo gravemente danneggiata dal sisma del 2009). Abbiamo scelto la Locanda sotto gli Archi, incantevole location medievale, dove abbiamo gustato (nello spazio esterno) la pizza fritta con pomodoro fresco e basilico, lenticchie di Santo Stefano (rinomato prodotto locale), una frittata alla ricotta ed erbe e patate al coppo. Prodotti a km0 freschi e sapientemente preparati con gustose erbe aromatiche dallo chef Pro Emilio.

Azienda Agricola V. Ciarrocca, lenticchie

Incantati dal gusto delle lenticchie siamo entrati nel punto vendita dell’Azienda Agricola Ventidio Ciarrocca nella piazza Medicea. Si tratta di un’azienda agricola a conduzione familiare e da generazioni la coltivazione della lenticchia è tramandata da padre in figlio nel rispetto di una coltura naturale. La coltivazione di lenticchie avviene a 1200 metri di quota nei terreni, 7-8 ettari, intorno al piccolo borgo di Santo Stefano senza nessun tipo di intervento chimico; la semina e la raccolta vengono ancora praticate a mano, garantendo un prodotto genuino, biologico e di elevata qualità.

Daulia Pannunzio al tombolo

Il segreto del sapore della lenticchia di Santo Stefano – dalla forma globulosa- appiattita, un colore violaceo, rosso-brunastro e diametro medio di circa 4 mm.) – sta nella maggiore quantità di ferro che la rende anche più scura. Queste caratteristiche consentono di cuocere il legume in soli 20 minuti senza bisogno di ammollo. La semina viene effettuata a spaglio manualmente in aprile e vengono raccolte ad agosto. Quando le piantine cominciano a seccare vengono falciate, a mano, e lasciate sul campo in piccoli cumuli a far asciugare.

Le sorprese in questa piccola piazza non finiscono qui. La Bottega del Tombolo di Daulia Pannunzio (referente a Santo Stefano per ogni informazione) è un’occasione per ammirare le opere e la lavorazione di questa antica e certosina tecnica per fare pregiati merletti.

Grazie al FAI  e a tutti i volontari che si sono prodigati per rendere indimenticabili queste due giornate d’autunno a cui anche il sole non è voluto mancare.

Sito del FAI: https://www.fondoambiente.it/