I dipinti ‘privati’ di Monet al Vittoriano

Roma. Al Complesso del Vittoriano: Monet Capolavori dal Musée Marmottan Monet di Parigi. PROROGATA fino al 3 giugno 2018.

Conferenza stampa

Una mostra monotematica, circa sessanta opere provenienti dal Musée Marmottan Monet di Parigi che Claude Monet conservava nella sua adorata casa di Giverny. Il Museo parigino raccoglie il nucleo più importante  delle opere del pittore, grazie a donazioni di collezionisti e del figlio dell’artista, Michel.

Claude Monet (1840-1926), Il treno nella neve. La locomotiva, , 1875. Olio su tela, 59×78 cm, Parigi, Musée Marmottan Monet

Le opere, seppure in numero limitato, abbracciano l’intero percorso artistico di Monet: dalle caricature della metà dell’Ottocento ai paesaggi rurali e cittadini (come Parigi e Londra), alle sue dimore (tra cui un dipinto italiano, Il castello di Dolceacqua).
In conferenza stampa il direttore del Musée Marmottan Monet, Patrick De Carolis, ha raccontato come: “La Maison Marmottan era in origine la dimora di Paul Marmottan, donata nel 1934 all’Accademia di Belle Arti. Il nome ‘Monet’ è stato aggiunto 15-20 anni dopo perché molti collezionisti ci hanno lasciato le opere dell’artista. Michel Monet, figlio del pittore, è stato il più generoso. Questi sono quadri che Monet, da vivo, non voleva mostrare. Pensava che i critici non comprendessero le sue opere e nell’ultimo periodo della sua vita lui non aveva tempo per spiegarle. Voleva solo dipingere, dipingere e dipingere”.

Ingresso mostra con le opere di Monet proiettate sulle pareti

Anche la curatrice della mostra, Marianne Mathieu, è intervenuta precisando come le opere in mostra siano: “la metà della nostra collezione. Si tratta di quadri che appartenevano all’artista e rappresentano la sua intimità, la sua evoluzione. Le prime opere sono ‘di cavalletto’, poi ci sono quadri piccoli dipinti en plein air. Quindi quelli in cui il tema non è il suo giardino, o i fiori, ma la luce e lo spazio. Avendo ricevuto molte critiche nel 1874 (in occasione della mostra Impressione, levar del sole) forse l’artista non ha voluto rendere pubbliche le sue opere. Le Ninfee sono state preservate dagli sguardi e oggi è come entrare nel giardino privato del pittore”.

Occhiali impiegati da Claude Monet dopo l’operazione agli occhi, pipa appartenuta a Claude Monet, tavolozza di Claude Monet

Fu lo stesso artista ad affermare che: “Se non avesse fatto il pittore sarebbe stato giardiniere e che senza i fiori non avrebbe dipinto”. Monet non ritraeva la natura ma le ‘impressioni’, che cambiavano secondo le diverse ore del giorno e della luce. La sua carriera di artista era iniziata facendosi pagare le caricature, alcune in mostra, che spesso corrispondono a tipologie più che a personaggi realmente esistiti.
Una sezione della mostra è dedicata ai ritratti di famiglia. Monet aveva una famiglia allargata. Due figli (ritratti dall’artista) avuti dalla prima moglie più sei della seconda moglie e il suo precedente marito, tutti allevati come figli propri.

Claude Monet (1840-1926), Ninfee, 1916-1919, Olio su tela, 130×152 cm, Parigi, Musée Marmottan Monet

Recatosi più volte a Londra conobbe la ricerca sui mutevoli effetti di luce di Constable e Turner. La materia del colore divenne, con il tempo, più spessa e la pennellata più lunga. Continuò a viaggiare: in compagnia di Renoir, da solo verso la riviera ligure (dove rimase incantato dalla “magica luce” e i colori della zona), quindi giunto a Belle-Île entrò in contatto con l’Atlantico (qui rimase colpito dalla natura selvaggia e dipinse la lotta tra l’acqua e la terra). La natura diventerà sempre più protagonista dei suoi dipinti, togliendo spazio alla figura umana. Per i suoi continui tentativi di rappresentare la natura nella sua mutevolezza (luce, stagioni, clima, vento, sole, pioggia) fu chiamato da Guy de Maupassant “cacciatore di impressioni”. 

Pavimento con proiezioni multimediali

Il suo luogo del cuore era però Giverny dove si dedicava al giardinaggio: “Il mio giardino è un’opera lenta, perseguita con amore. E non nascondo che ne vado fiero”. Il giardino divenne il suo soggetto preferito. Realizzò un bacino (dotato di una chiusa per controllare la temperatura e la corrente) per “coltivare piante acquatiche” che divennero le protagoniste della sua famosa serie di Ninfee (collocate nel Musée de l’Orangerie dopo la sua morte). Nella sezione dedicata alle Ninfee le tele possono essere considerate studi per la sue opere monumentali. 
Negli ultimi anni perde la figliastra e il primogenito Jean. Nel 1911 la scomparsa della sua adorata compagna (Alice Hoschedé) lo addolora al punto da farlo rinunciare alla pittura per un paio di anni.

Claude Monet (1840-1926), Salice piangente, 1918-1919, Olio su tela, 100×120 cm, Parigi, Musée Marmottan Monet

La guerra e i problemi con la vista lo portano a dipingere il Salice piangente saturando la tela di onde colorate. Nei dipinti con il ponte giapponese e le rose la forma quasi si disgrega e predomina la visione su ciò che si vede.
Per festeggiare la fine della Prima guerra mondiale l’artista dona allo Stato francese la serie dei venti pannelli monumentali con paesaggi acquatici per la cui realizzazione fa costruire un atelier di grandi dimensioni. Instancabile negli ultimi tempi scrisse: “Dipingo di giorno, ma dipingo anche la notte, in sogno”.
I punti di forza della mostra. Mette in rapporto il pubblico con le opere degli ultimi due decenni dell’artista. Forse i più dolorosi (i lutti e l’avvento della cecità), ma sono quelli in cui Monet si concede una libertà espressiva mai vista prima che giunge ai confini dell’astrazione.

Claude Monet (1840-1926), Le rose, 1925-1926, Olio su tela, 130×200 cm, Parigi, Musée Marmottan Monet

Forse proprio per questo preferisce, finché è in vita, custodire nella sua dimora molti dei suoi dipinti. L’esposizione diventa un percorso intimistico attraverso la sensibilità dell’artista. Non a caso Mallarmé parlò, a proposito degli effetti smaterializzanti della luce di Monet, di poesia della visione. Altro aspetto accattivante è l’allestimento che usa proiezioni multimediali e presenta la ri-materializzazione (grazie alle innovative tecnologie di Sky Arte HD) di una delle sue celebri Ninfee, Water Lilies (1914-26), distrutta (1958) durante un incendio all’interno del Museum of Modern Art di New York. Il punto debole della mostra è, dopo l’immersione in tanta bellezza, lasciare il visitatore ‘assetato’ di altre opere, forse preferibili in numero maggiore per meglio illustrare il percorso dell’artista.
La mostra è curata da Marianne Mathieu e organizzata da Arthemisia.

Foto di Marco De Felicis

Sede
Complesso del Vittoriano – Ala Brasini
Roma
Orario apertura
dal lunedì al giovedì 9.30 – 19.30
Venerdì e sabato 9.30 – 22.00
Domenica 9.30 – 20.30
(la biglietteria chiude un’ora prima)
Informazioni e prenotazioni gruppi
Tel. + 39 06 8715111
Biglietti
Intero € 15,00 (audioguida inclusa)
Ridotto € 13,00 (audioguida inclusa)
Universitari
€ 7,00 (audioguida inclusa)
ogni martedì escluso i festivi, per tutti gli studenti
universitari senza limiti d’età
Aperture straordinarie

Mercoledì 1 novembre 9.30 – 20.30; Venerdì 8 dicembre 9.30 – 22.00; Domenica 24 dicembre 9.30 – 15.30; Lunedì 25 dicembre 15.30 – 20.30; martedì 26 dicembre 9.30 – 20.30; Domenica 31 dicembre 9.30 – 15.30; Lunedì 1 gennaio 15.30 – 20.30; Sabato 6 gennaio 9.30 – 22.00
(la biglietteria chiude un’ora prima)
Sito
www.ilvittoriano.com
Catalogo
Arthemisia Books
Hashtag ufficiale
#MostraMonet