Sicilia 4. Mozia, isola fenicia e prezioso scrigno archeologico

La straordinaria scoperta di Joseph Whitaker. La storia di Mozia (Trapani) l’isola fenicia su cui fare un viaggio indietro nel tempo.

Lato sud-orientale delle fortificazioni: resti della ‘Casermetta’

Dalle Saline Ettore Infersa si prende il battello per la piccola isola (45 ettari) di San Pantaleo, un tempo collegata alla terraferma e sede dell’emporio commerciale fenicio di Mozia, fondato nell’VIII secolo a.C. L’origine dei Fenici risale al III millennio a.C. Ma la loro storia ‘moderna’ ed espansione nel Mediterraneo, a causa dell’invasione degli Assiri della Fenicia (Libano), inizia nell’VIII sec. a.C. con la fondazione di Cartagine e di diversi empori, tra cui Mozia. All’epoca la Sicilia era suddivisa in due zone rivali, quella orientale greca e quella occidentale punica.

Kothon

Agli inizi del XX secolo l’isola fu acquistata dall’ornitologo e appassionato di archeologia, Joseph Whitaker, ultimo degli eredi di una famiglia di imprenditori anglo-siciliani che avevano fatto fortuna con ogni tipo di commercio tra cui il Marsala. Whitaker, nonostante la rinuncia del più famoso archeologo Heinrich Schliemann a condurre scavi sull’isola, portò alla luce (1906 e 1927) un insediamento fenicio, risalente all’VIII secolo a.C.

Il Giovane di Mozia, V sec. a.C., Museo di Mozia

Il battello, dopo una breve navigazione tra il surreale paesaggio delle saline, attracca su questa isola affascinante e misteriosa fino a pochi anni fa. Un breve sentiero costeggiato da piante di aloe conduce a Villa Whitaker, ex residenza di campagna dell’archeologo e poi sede del piccolo ma ricco Museo. Soltanto la statua del Giovane, o Auriga, di Mozia (V secolo a.C.), rinvenuta nel 1979, a grandezza naturale e dal corpo atletico perfetto, vale il viaggio. La sua bellezza è tale che fu esposta in occasione delle Olimpiadi di Londra nella sala del Partenone del British Museum. La statua, un reperto greco in una provincia punica, rappresenta un atleta vincitore nella corsa con il carro e fu realizzata, probabilmente a Selinunte o Agrigento. La ponderazione e il chitone che ne avvolge il corpo riconducono l’opera a un ambiente influenzato da Fidia. I fori sulla testa prevedevano un copricapo mentre quelli della fascia sul petto servivano probabilmente per collocare un ornamento. Il braccio destro è alzato in atto di reggere qualcosa. Così anche la gamba sinistra è in tensione mentre il braccio sinistro e la gamba destra sono distesi.

L’autore della statua e l’identificazione del personaggio rimangono un mistero. Alcuni studiosi hanno riscontrato affinità con le metope di Selinunte (4° – 5° decennio del V secolo).

Nel Museo, oltre a questa scultura stupefacente, ci sono gioielli, suppellettili, bellissimi vasi in pasta vitrea, ceramiche decorate in rosso e nero e reperti preistorici.

Percorrendo l’isola in senso orario si incontra il kothon, una piscina cultuale collegata ai riti che si svolgevano nell’adiacente area sacra. A nord è stata rinvenuta una necropoli e un tofet (dall’ebraico: passare per il fuoco) dove venivano inumati i corpi e officiati i riti in onore delle divinità fenicie. Sono stati rinvenuti resti (fine VIII – VI secolo a.C.) di sacrifici animali e umani (rari), in genere neonati e bambini, che sgozzati sull’altare venivano arsi su una pira di legna.

Il Giovane di Mozia

Secondo autori greci e latini nel tofet veniva sacrificato il figlio primogenito maschio alla divinità, ma solo in particolari ricorrenze e probabilmente con cadenza biennale. Proseguendo lungo la costa si incontra la necropoli a incinerazione. Finora sono state rinvenute circa 200 tombe. I tipi di sepoltura erano tre: le cassette di lastre di pietra in cui venivano deposte le ceneri, i vasi cinerari posti in una buca nel terreno e i sarcofagi in cui venivano deposti i cadaveri. 

Nel quartiere degli artigiani, dove fu rinvenuta la statua del Giovane, sono stati trovati i resti di forni e di murici (Murex Trunculus). Conchiglie comuni nel Mediterraneo dalle quali i Fenici, abili commercianti e artigiani (per es. nella lavorazione del vetro del legno), estraevano il famoso e prezioso liquido incolore che a contatto con l’aria si ossidava assumendo la colorazione porpora, utilizzata per tingere i tessuti. Per questa loro abilità erano chiamati dai Greci: Phoinikes (tintori di rosso porpora). Da ogni mollusco si ricavava una sola goccia di porpora e per un mantello occorrevano un migliaio di molluschi. Pertanto solo donne altolocate potevano permettersi di indossare vesti color porpora. Mozia, centro importante dove si batteva moneta, significa forse filatura o riferita all’accadico, acqua stagnante. Nel quartiere degli artigiani sono presenti fosse circolari scavate nella roccia, destinate probabilmente alla tintura dei tessuti.

Mozia fu una località strategica al centro del Mediterraneo e fiorente porto cartaginese fino al 397 a.C. quando Dionisio di Siracusa la conquistò e la distrusse.

Maschera fittile virile, VI sec. a.C., Museo Whitaker, Mozia

I superstiti fuggirono sulla terraferma e fondarono Lilibeo, l’odierna Marsala. La Casa dei mosaici fu anch’essa un ritrovamento di Whitaker, che la denominò ‘la Casa dei Capitelli’ per la quantità di questi elementi architettonici, dorici e corinzi, rinvenuti.

Varie tipologie di stele, Museo di Mozia

Il nome della casa deriva dalla decorazione a mosaico di una stanza, realizzato con ciottoli bianchi e neri, in cui sono raffigurati animali reali e fantastici in lotta. Tra questi due capridi rampanti presenti anche su sigilli mesopotamici del 5000 a.C.

Bicchieri, Parco del Gran Paradiso, XX sec. d.C., Età della plastica

La porta Nord era l’accesso principale all’isola dalla terraferma, a cui era collegata da una strada lastricata di due chilometri che attraversava lo Stagnone. Parte di questa è ancora visibile benchè sommersa.

Maria Cristina Finucci, Help, l’età della plastica, installazione 2016 – 2017

La Fondazione Whitaker ha ospitato anche una interessante installazione contemporanea Help, l’età della plastica, ideata dall’artista Maria Cristina Finucci, per sensibilizzare la società civile e i suoi rappresentanti sul tema delle enormi isole di plastica: Garbage Patch.

Si ringrazia la dott.ssa Maria Pamela Toti per sua gentile disponibilità in occasione della visita.

Foto di Marco De Felicis

Isola di Mozia
Sito web: https://www.fondazionewhitaker.it/
Tel. 0923 712598
Orario: dal 1.11 al 31.3 tutti i giorni 9-15; dal 1.4 al 31.10 tutti i giorni 9.30-13.30 e 14.30-18.30.
Ingresso isola e Museo 9 €, ridotto 5 €
Per il trasferimento sull’isola:
Imbarcadero Salina Infersa Mozia
Mozia Line
Orari: 16 settembre – febbraio 9-16; marzo – giugno 9-13 e 14.30-18; luglio – 15 settembre 9-13.30 e 14.30-19.
Tel. 0923 989249 – 338 7860474
Sito web: mozialine.com
Biglietto 5 € (A/R, durata 10 minuti)

Dove dormire

Hotel Stella d’Italia Marsala Best Western****
hotelstelladitalia.it
Camera matrimoniale 110 €
Richiedete le camere piano alto con vista

Hotel Carmine ***
Piazza Carmine 16
Tel. 0923 711907
Sito: www.hotelcarmine.it
Camera matrimoniale 120 € con colazione
Storico palazzo del 1600 con mobili antichi tradizionali

Dove mangiare
Le Lumie
Contrada Fontanelle 178b
Tel. 0923 995197
Sito: https://www.ristorantelelumie.com/
Pasto 45 euro esclusi vini
Locale accogliente, verdure dell’orto a chilometro zero.