Al Museo dell’Ara Pacis le foto, trampolini dei sogni, di Robert Doisneau

 

Una retrospettiva sul celebre fotografo francese attraverso oltre 130 immagini provenienti dalla collezione dell’Atelier Robert Doisneau, fino al 4 settembre

Se c’è qualcuno che adoro, quello è Doisneau. L’intelligenza, la profondità di Doisneau, la sua umanità. È un uomo meraviglioso. (Henri Cartier-Bresson)

Esterno mostra
Esterno mostra

Robert Doisneau ti sembra di conoscerlo da sempre per il suo iconico scatto del bacio della coppia indifferente alla folla dei passanti e al traffico della place de l’Hôtel de Ville di Parigi. Chi non abbia desiderato una passione così che ti fa dimenticare il mondo intorno? Ma proprio quella foto, tra le più conosciute al mondo, era stata commissionata dalla rivista americana LIFE. La foto doveva esprimere la libertà di scelta che si respirava in Francia, come il potersi baciare in strada. Si tratta di una foto “organizzata” per la quale Doisneau ha usato degli attori e soltanto molto tempo dopo è diventata iconica. Quindi studio, preparazione, recitazione di bravi interpreti, così convincenti da rendere credibile un amore o una passione irrefrenabile.

Museo dell'Ara Pacis
Museo dell’Ara Pacis

Abbiamo l’impressione di conoscere Doisneau, le sue foto e il suo lavoro. Ma proprio questa mostra ci porta verso altri percorsi intrapresi dal famoso fotografo e meno noti. Sono esposte oltre 130 preziose stampe ai sali d’argento in bianco e nero, provenienti dalla collezione dell’Atelier Robert Doisneau a Montrouge. In questo atelier Doisneau ha stampato e archiviato, per oltre cinquant’anni, i suoi scatti ed è lì che si è spento (1994), lasciando quasi 450.000 negativi. La mostra, che non potrebbe essere una retrospettiva completa, è alla sua terza versione, dopo Rovigo e Aosta.

Ingresso mostra
Ingresso mostra

Insieme a Henri Cartier-Bresson, Doisneau è considerato uno dei padri della fotografia umanista francese e del fotogiornalismo di strada. Un fotografo instancabile che amava catturare con il suo obiettivo la vita quotidiana dei francesi, degli abitanti di Parigi e della sua banlieue, con i gesti, il lavoro e le emozioni in cui sono impegnati.

Le fotografie che mi interessano, quelle che trovo riuscite, sono quelle aperte, che non raccontano una storia fino alla fine, ma lasciano allo spettatore la possibilità di fare a sua volta un pezzetto di strada insieme all’immagine, di continuarla e concluderla a proprio piacimento: una specia di trampolino del sogno. (1976)

Museo dell'Ara Pacis, Conferenza stampa, Gabriel Bauret e Miguel Gotor
Museo dell’Ara Pacis, Conferenza stampa, Gabriel Bauret e Miguel Gotor

Oltre alle fotografie realizzate su commissione, quelle che sono il risultato del suo girovagare liberamente per Parigi, come un flâneur, sono ricche di emozioni. Doisneau è un autodidatta, a scuola aveva dei problemi e sognava di essere un fotografo freelance. Ha iniziato con una Kodak, in uno studio di un fotografo pubblicitario (1931) per apprendere le prime nozioni. Ma poi la sua scuola è stata la strada: “È lì che bisogna andare”.

Si arriva in un bel posto dove le cose formano una composizione armoniosa nello spazio. Si stabilisce l’inquadratura… E poi si aspetta, con una specie di speranza completamente folle, irrazionale, che le persone entrino nel riquadro.

Museo dell'Ara Pacis, allestimento
Museo dell’Ara Pacis, allestimento

Il curatore della mostra, Gabriel Bauret, ha raccontato così il suo lavoro: “Sono andato alla ricerca del suo spirito e della sua mentalità”. Doisneau ha avuto una infanzia infelice, è rimasto orfano di madre quando era molto piccolo e suo padre non era particolarmente affettuoso.

“Mi piacciono le persone per le loro debolezze e difetti. Mi trovo bene con la gente comune. Parliamo. Iniziamo a parlare del tempo e a poco a poco arriviamo alle cose importanti. Quando le fotografo non è come se fossi lì ad esaminarle con una lente di ingrandimento, come un osservatore freddo e scientifico. È una cosa molto fraterna, ed è bellissimo far luce su quelle persone che non sono mai sotto i riflettori.”

Robert Doisneau, Giacometti nel suo atelier, Parigi 1957
Robert Doisneau, Giacometti nel suo atelier, Parigi 1957

Durante la guerra si mette a disposizione della Resistenza per dare una nuova identità ai ricercati. Dopo la Liberazione realizza alcuni reportage per “Vogue” e nel ’49 il libro realizzato in collaborazione col celebre scrittore Blaise Cendrars, La Banlieue de Paris, la prima opera che ha dedicato a questo mondo. Doisneau compone un racconto visivo in cui si ritrova una profonda umanità e una nota di umorismo, costanti nel suo lavoro.

Robert Doisneau, Fernand Léger dans ses œuvres, Gif-sur-Yvette, 1954
Robert Doisneau, Fernand Léger dans ses œuvres, Gif-sur-Yvette, 1954

Nelle sue foto c’è una vena ironica ma anche solitaria e malinconica, come nella serie di foto Bistrots (1948-1957). Trascinato da Robert Giraud scopre i bistrot e la banlieue parigina. Lascia la strada per esplorare universi inaspettati, dove lui però si sente più a suo agio.
L’esposizione si articola in unidici sezioni. Concierges (1945-1953). Scatti dedicati ai portinai di Parigi poiché, come afferma Doisneau, “La vera Parigi non può essere concepita senza i suoi portinai”.
Enfances (1934-1956). I protagonisti delle sue foto sono anche complici delle sue intenzioni. Soprattutto i bambini che popolano e animano le strade di periferia. Sono uno dei soggetti preferiti da Doisneau, come testimoniano i numerosi scatti dedicati a loro.

Robert Doisneau, Sguardo obliquo, Parigi 1948
Robert Doisneau, Sguardo obliquo, Parigi 1948

Occupation et Libération (1940-1944). Quando Robert Doisneau raggiunge finalmente lo status di fotografo indipendente arriva la guerra e l’Occupazione. La Liberazione gli offrirà l’occasione per testimoniare l’eccitazione di quel momento a Parigi. Segue L’Après-Guerre (1945-1953). la rinascita del dopoguerra. Una delle sezioni più interessanti, che riconduce alla durezza del lavoro nelle fabbriche, con uno sguardo su quello femminile, è Le Monde du travail (1935-1950). Doisneau lavorò cinque anni nel reparto pubblicitario delle officine Renault che, racconta, gli permisero di “conoscere il mondo di coloro che si svegliano presto”. In mostra alcuni degli scatti del fotografo agli operai dei sobborghi parigini.

Allestimento mostra
Allestimento mostra

Nella scuola della strada, Le Théâtre de la rue, più accattivante e formativa di qualsiasi altra istituzione scolastica, Doisneau trova una bellezza, una vita pulsante e uno splendore che lo seducono. Dal venditore ambulante di verdure in poi nessuno sembra sfuggire allo sguardo attento di Doisneau.
Nelle scene di interni, Scènes d’intérieur (1943-1970), si ignora se i soggetti fossero consapevoli di essere divertenti, ridicoli o commoventi.
Nel 1950 Doisneau incontra Edmonde Charles-Roux (giornalista di “Vogue”) così diventa un cronista della vita parigina mondana e della vita artistica del tempo. La sezione: Mode et Mondanités (1950-1952) vede Doisneau quale testimone dei grandi balli e dei ricchi matrimoni del dopoguerra.

Robert Doisneau, La bambina della bidonville di Ivry, 1946
Robert Doisneau, La bambina della bidonville di Ivry, 1946

Partcolarmente bella la sezone de ritratti, Portraits (1942-1961), che colpisce l’acutezza e la sensibilità del fotografo. Una sezione forse meno nota della sua opera sono questi ritratti eseguiti su commissione. In mostra una serie di personaggi illustri (pittori, disegnatori, scrittori, teatranti, cineasti, attori, scienziati): Picasso, Dubuffet, Alberto Giacometti, Jeanc Cocteau. Con molti di questi il fotografo instaurò profondi rapport di amicizia che influenzarono la sua fotografia.

Quello che cercavo di mostrare era un mondo dove mi sarei sentito bene, dove le persone sarebbero state gentili, dove avrei trovato la tenerezza che speravo di ricevere. Le mie foto erano come una prova che questo mondo può esistere.

Une certaine idée du bonheur (1945-1961) è il tema di questa sezione sia che si tratti di una danza improvvisata in strada come ne La Dernière Valse du 14 juillet o dell’iconico Le Baiser de l’Hôtel de Ville.

Backstage, ultimi ritocchi
Backstage, ultimi ritocchi

Cammino insieme a fantasmi: Cendrars, Prévert, i miei amici scomparsi. Quando trovavo un’immagine pensavo a uno di loro, che poi era il primo a cui la mostravo. Un po’ glielo dovevo, poiché erano stati loro a insegnarmi a vedere […]. Ora mi hanno preceduto, se ne sono andati. Ma talvolta, mentre passeggio, mi accompagna una canzone di Prévert.

La mostra, ospitata fino al 4 settembre 2022 al Museo dell’Ara Pacis (Roma), è promossa e prodotta da Roma Culture, Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo e Silvana Editoriale. Supporto organizzativo di Zètema Progetto Cultura. Catalogo Silvana Editoriale. Radio partner Dimensione Suono Soft.

Un’attenzione particolare per questa mostra è stata dedicata all’accessibilità. Per le persone con disabilità visiva è stato progettato, in collaborazione con il Museo Tattile Statale Omero, un percorso dedicato, dotato di disegni a rilievo e relative audiodescrizioni. Oltre a questi supporti, sarà disponibile un calendario di visite tattili gratuite, guidate da operatori specializzati.
Anche per il pubblico non udente saranno disponibili visite guidate gratuite alla mostra: saranno accompagnati da interpreti della Lingua dei Segni Italiana – LIS.

Informazioni

Museo dell’Ara Pacis
Sede: Museo dell’Ara Pacis, Spazio espositivo
Orario: Tutti i giorni 9.30-19.30
Date: Dal 28 maggio al 4 settembre 2022
Ultimo ingresso un’ora prima della chiusura.
Biglietto d’ingresso SOLO MOSTRA Robert Doisneau
Intero € 11,00 – Ridotto € 9,00
Informazioni: Tel. 060608 (tutti i giorni ore 9.00 – 19.00)
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