Dreamings. L’Arte Aborigena Australiana incontra de Chirico

Al Museo Carlo Bilotti – Aranciera di Villa Borghese fino al 2 novembre 2014
Ingresso libero

La passeggiata all’interno di Villa Borghese per giungere, vicino al lago, all’ex Aranciera (dove, in inverno, venivano ricoverati gli alberi di agrumi) costituisce il piacevole prologo di una interessante mostra di dipinti aborigeni messi in rapporto con i quadri di de Chirico. Le opere sono ospitate, fino al 2 novembre, al Museo Carlo Bilotti. Fortemente voluto da colui a cui deve il nome, che riteneva una donazione alla comunità l’unico modo di lasciare traccia della propria vita nel futuro. Il Museo è la sede di una collezione permanente di quadri di Giorgio de Chirico e di un raro dipinto doppio di Andy Warhol del 1981 (Madre e figlia: Tina e Lisa Bilotti, scomparsa prematuramente all’età di 20 anni).

Imants Tiller. Antipodean, 1986

La poetica del sogno aborigena, dreamtime (tempo del sogno), antecedente alla stessa creazione e storia umana, dimensione attraverso la quale gli aborigeni (il 3% dell’intera popolazione australiana) entrano in rapporto con il cosmo e traggono presagi, non solo dialoga ma entra in simbiosi con gli spazi onirici di de Chirico nei quadri di Imants Tillers (australiano non aborigeno, protagonista del movimento ‘citazionista’). Tillers si appropria sia delle suggestioni dell’arte metafisica di de Chirico sia dello stile indigeno degli artisti del Western Desert (Deserto Occidentale australiano, un’area di circa 600.000 kmq.).

Allestimento

Questo artista fu uno dei primi a considerare i dipinti aborigeni ‘arte contemporanea’ e non semplici manufatti etnografici. Le loro vertiginose quotazioni d’asta attuali (giunte a 2,5 milioni di dollari) gli hanno dato ragione e in questa ottica ha collaborato con Michael Nelson Jagamara. Questa fusione improbabile, ma alchimisticamente efficace, tra metafisica e dot painting, è subito evidente nel suo grande Manifesto degli antipodi del 1986.

Punkilpirri, 2010, cm. 152×122

Negli anni Sessanta il governo australiano, nel suo progetto di integrazione, ha deportato a Papunya (a nord ovest di Alice Springs) interi gruppi di aborigeni, strappandoli dalle loro terre e dalla loro economia di cacciatori-raccoglitori. Solo negli anni Settanta riuscirono ad ottenere il riconoscimento degli stessi diritti civili del resto della popolazione australiana. Nel 1971 fu un insegnante di educazione artistica di Sidney a convincere gli aborigeni di Papunya a dipingere i loro simboli con tecniche di pittura occidentali.

Seven sister, 2014, cm. 198×197

La forma di trasmissione della cultura aborigena è orale, vale la pena di citare: Le vie dei canti di Bruce Chatwin. Molti sono ritornati nel deserto ma alcuni hanno iniziato a raffigurare il loro passato ancestrale e i loro rituali, dando vita ai primi centri d’arte. Solo per avere una percezione del rapporto animistico degli aborigeni con la natura basterebbe vedere l’emozionante episodio Veri Dèi di Warwick Thornton, del film Words with Gods presentato a Venezia quest’anno, in cui una giovane aborigena incinta decide di partorire da sola nel deserto australiano.

Marrapinti 2007; 91×152

Il luogo dove una donna scopre di essere incinta determina, per gli aborigeni, il totem del nascituro. Un luogo che gli viene assegnato in custodia tra il concepimento e la nascita, un percorso che racchiude le forze primordiali delle origini, un dreaming personale. I dipinti, colmi di punti, cerchi, disegni geometrici e immagini mitologiche, sono carichi di simbolismo spirituale, rappresentano sogni, storie specifiche, itinerari di viaggio e luoghi ben precisi, vere e proprie mappe che purtroppo l’assenza di didascalie nella mostra non ci aiuta a decifrare.

A destra, Anumara Tjukurpa 2012; 122×102

INFORMAZIONI

Sede: Museo Carlo Bilotti – Aranciera di Villa Borghese
Viale Fiorello La Guardia, Roma
Biglietti: Ingresso libero
Orario: Ottobre – maggio: da martedì a venerdì ore 10.00 – 16.00 (ingresso fino alle 15.30). Sabato e domenica ore 10.00 – 19.00 (ingresso fino alle 18.30); settembre: da martedì a venerdì ore 13.00 – 19.00 (ingresso fino alle 18.30).

Museo Carlo Bilotti