Giornate FAI. L’Aquila fenice che risorge per mostrare i suoi tesori

Grande successo delle due giornate FAI di primavera. Scrigni d’arte aperti in tutta Italia, noi abbiamo scelto il ‘timido, riservato’ ma ricco Abruzzo, L’Aquila, con la sua gente e le sue storie.

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Non era facile scegliere cosa visitare, tra i tanti siti proposti dal FAI in ogni regione e capoluogo, ma tra i più impervi, esclusivi, nascosti e misteriosi c’erano sicuramente i siti d’Abruzzo, in particolare quelli nella provincia dell’Aquila. Come resistere ad una provincia ferita che vuole farsi bella per mostrarsi in tutta la sua ricchezza, storia e arte? Con stupore lì abbiamo trovato più di ogni aspettativa: umanità, grande volontà, dignità, passione per il volontariato e, oltre la storia e l’arte, le storie delle persone e la loro voglia di raccontarsi. Ogni pietra, ogni crepa, ogni borgo mostra le ferite del terremoto dimostrando l’incapacità di un Paese di costruire e restituire ma le persone si sono rialzate e ‘si sono ricostruite’ continuando a credere, a lottare, a non arrendersi.

Castello di Gagliano, ponte levatoio

Emilia ci racconta: “Ho perso la casa, il marito, un figlio e all’improvviso mi sono trovata senza nulla”. Ma non ha perso la voglia di regalarti un sorriso e il futuro: le figlie, la voglia di esserci per chi ha bisogno e di essere in prima linea per ogni progetto bello e positivo.

Castello di Gagliano, cortile

Dal castello fortificato di Gagliano Aterno (653 m sul livello del mare nella valle Subequana) si gode un panorama spettacolare, è stato possibile visitarlo in queste due giornate di primavera del FAI. Normalmente l’accesso è interdetto perché proprietà privata (18 appartamenti di personaggi famosi, un gioielliere romano, un ex ministro etc.) e non ti rimane, per il resto dell’anno, che guardarlo da sotto insù. In questi due giorni 5.000 persone sono salite alla conquista di uno dei castelli meglio conservati d’Italia.

Castello di Gagliano, stemma

La fondazione del castello risale al 1328 quando Isabella D’Aquila, contessa di Celano, fece costruire il palazzo sui ruderi di una precedente costruzione innalzata dai Conti di Celano tra XII e XIII secolo. Nel 1462 il castello fu assalito da Braccio da Montone che lo danneggiò gravemente. Nel 1463 passò ai Piccolomini, che vi apportarono modifiche, per divenire in seguito proprietà dei Colonna e poi dei Barberini di Sciarra fino al 1806, possedimento poi dei baroni Pietropaoli ed infine dei marchesi Lazzeroni. Nella cappella gentilizia, dedicata a San Nicola, si conservano le spoglie di Santa Fiorenza martire.

Castello di Gagliano, affresco

Si prova un’emozione non comune nell’attraversare il ponte levatoio, entrare nel cortile con il suo bel pozzo, il portico che si apre sul panorama mozzafiato, uno scalone d’onore, al piano superiore un loggiato con affreschi secenteschi da cui emerge un ritratto di Marcantonio Colonna e nello sfondo la battaglia di Lepanto. La visita termina nel refettorio-salotto in cui troneggia un enorme lampadario in ferro battuto.

Panorama dal Castello di Gagliano

Anna ricordava la cappella in cui da bambina andava a recitare il rosario e poi per tanti anni è stata chiusa e dimenticata. Gli stessi abitanti non sapevano più dentro cosa ci fosse. Ma queste donne se non sono state buttate giù dal terremoto figuriamoci se si rassegnano o dimenticano. Così Anna è andata alla ricerca della chiave della cappella fino a trovarla per custodirla. Oggi il pregevole affresco è stato restaurato, la cappella può essere aperta e visitata e Anna, insieme ai ragazzi volontari, sguinzagliati a tradurre iscrizioni, non permetteranno più che il loro piccolo tesoro sia ignorato.

Santa Rufina, affresco

Santa Rufina di Roio (una delle zone più colpite dal terremoto del 2009) si presenta all’esterno completamente disadorna e imbiancata ma quando entri nella penombra della sua piccola navata emergono sfolgoranti i colori dell’affresco di ispirazione peruginesca con la Madonna e ai lati le due sante martiri e sorelle (Rufina e Seconda), attribuito a Giovanni Antonio Percossa e commissionato dai Barberini.

Santa Rufina, affresco, Madonna

Anche nelle cantine storiche Pietrantonj a Vittorito oggi il vino è donna, dopo 8 generazioni, sono le due sorelle Alice e Roberta, insieme al padre a portare avanti l’azienda con 60 ettari di vigneti, riservati ai vitigni autoctoni abruzzesi. Nel 1893 il bisnonno, Alfonso Pietrantonj, ampliò la cantina costruendovi due enormi cisterne da 1402 ettolitri collocate a 14 m sotto il livello della strada.

Santa Rufina, affresco, Santa Seconda

La loro caratteristica più importante non risiede tanto nella grandezza ma nel rivestimento interno realizzato con piastrelle di vetro di Murano. Durante la visita è stato possibile entrare dentro in quella che, oggi, sembra una cattedrale del vino in vetro.

Cantine Pietrantonj, stemma

Nelle cantine sono in parte utilizzate ancora oggi, alcune enormi botti in rovere, rivestite all’interno in acciaio, alcune risalgono al XIX secolo.

Cantine Pietrantonj, silos con interno vetri di Murano

 

Cantine Pietrantonj, antiche botti

Partita con l’intenzione di vedere la parte bella dell’Italia ho scoperto quella buona, la migliore: le donne dell’Aquila del FAI e come ‘fai’ a non iscriverti per essere con loro?

Giornate FAI di primavera