#RomaFF11 ‘Fritz Lang’, un omaggio al cinema

Se Fritz Lang non fosse stato un regista sarebbe stato un maniaco egocentrico, come il Mostro di Düsseldorf?

Questo interrogativo inquietante serpeggia nella mente dello spettatore per buona parte del film di Gordian Maugg, il regista che ha ‘montato’ la vita del genio del cinema, oscurandola con ombre cadenzate. Ombre che si stagliano sulla figura di un ‘mostro’ del cinema e che disegnano lo spazio scenico come nei film di Dreyer o ne Il Gabinetto del dottor Caligari (1920). Un elegante bianco e nero in cui l’uso del materiale di repertorio forma un tessuto narrativo unico.
Mentre la vicenda si srotola come una vecchia pellicola si comprende come Maugg non sia fedele alla biografia di Fritz Lang ma al cinema, come può esserlo un cinefilo. Numerosi sono gli omaggi e le citazioni. Il risultato è una trama preziosa in cui le immagini del film sono intervallate, con perfette dissolvenze, con le scene di M il mostro di Düsseldorf (primo lungometraggio sonoro di Fritz Lang del 1931). Poco dopo l’ascesa del nazismo porterà alla ribalta mostri peggiori.

Fritz Lang, scena del film

Nel 1933 Joseph Goebbels propose a Lang di dirigere l’industria cinematografica tedesca. Lui inizialmente accettò ma, temendo una trappola, fuggì la sera stessa dalla Germania, tornò in Europa solo alla fine degli anni Sessanta. Lang dipende dalla cocaina, dal sesso ed è assillato dai fantasmi del passato. La Prima Guerra Mondiale (in cui perse la vista a un occhio), la morte violenta (ancora oggi misteriosa) della prima moglie Lisa Rosenthal. Sono proprio i suoi tormenti psicologici, forse sensi di colpa, che lo inducono a mettersi, in maniera ossessiva, sulle tracce del mostro di Düsseldorf. Spiega così la sua nuova fase a Thea von Harbou (la seconda moglie con cui ha un sodalizio artistico oltre che sentimentale): “non voglio più occuparmi di macchine e folle ma di una persona”. In Metropolis (1927) il regista mise in scena ben 26.000 comparse.

Fritz Lang, scena del film

Maugg rappresenta la fascinazione per il delitto di Lang: non si accontenta di ricostruire la vicenda del mostro ma vuole comprendere le ragioni del male. Per far questo lo interroga ripetutamente in carcere (una finzione cinematografica). Scava nella sua anima e tormenta i testimoni per ricostruire esattamente la vita delle vittime e la scena del crimine. In realtà il film di Maugg non risponde alla domanda iniziale ma pone altri interrogativi. Le allusioni al mistero della morte della prima moglie, i sospetti su di lui, non saranno stati una ‘macchina del fango’ montata dal regime? Chi sono i veri mostri? Forse c’è un demone in ognuno di noi. Un film ben confezionato che avrebbe avuto bisogno di una giuria di esperti, o cinefili, per essere votato.

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