Nelle arene: “Libere disobbedienti innamorate – In between” di Maysaloun Hamoud

Il film premiato ai Festival internazionali della regista Maysaloun Hamoud, titolo originale “Bar Bahr” (in arabo: tra terra e mare e in ebraico: né qui né altrove), racconta la vita e l’emancipazione di tre ragazze palestinesi a Tel Aviv.

In seconda visione nelle piacevoli arene estive (è uscito nelle sale in aprile) il film di  Maysaloun Hamoud racconta la vita di tre ragazze arabe di religioni diverse che vivono insieme a Tel Aviv, provenienti rispettivamente da Nazareth, Tarshiha e Umm al-Fahm.
Laila, interpretata dalla brava Mouna Hawa (di una bellezza speciale che non si dimentica), è un avvocata anticonformista. Con l’amica Salma, la straordinaria Sana Jammelieh, lesbica e aspirante dj, cerca amore e divertimento. Due ragazze arabe cristiane e laiche a cui si unisce Nur (Shaden Kanboura) arabo musulmana osservante, studiosa e devota promessa sposa. La vita emancipata di Laila e Salma passa attraverso droghe, musica e vestiti alla moda. Ridono, bevono, fumano, amano e sognano differentemente da Nur a cui il fidanzato, e la religione, impongono costumi diversi. 

Salma, Nur e Laila

Le tre donne sono amiche, imparano a condividere spazi (un appartamento a Manshiyya, il quartiere yemenita di Tel Aviv) sentimenti e dolori. Come tutte le donne, anche se diverse, sono empatiche. La loro vita oscilla fra emancipazione e conservatorismo. Tra differenze di genere, tradizioni del villaggio, dogmi della famiglia e una metropoli connotata dalla voglia di vivere e divertirsi. La tradizione che frena e la cultura d’avanguardia che spinge. Il film descrive una generazione disorientata che è tra ‘terra e mare’, come recita il titolo.
La giovane regista palestinese Maysaloun Hamoud (35 anni), nata a Budapest e figlia di genitori comunisti, è cresciuta in Israele. Ha studiato a Gerusalemme e a Jaffa (corsi di cinema della Minshar School of Art). Riguardo alla sua crescita ha affermato: “La mia formazione va da Emile Habibi a Marx, dalle manifestazione del Primo Maggio alla visual art della cartoonist Naji al-Ali”.

Nur

La sua generazione si è affacciata alla politica (ottobre 2000, dalla seconda Intifada fino alla Primavera araba del 2011) portando avanti istanze anche sul fronte sociale e femminista. Queste ragazze per vivere la loro vita (libertà di lavorare, fare festa, fare l’amore, scegliere l’uomo o la compagna da amare) devono pagare un prezzo molto alto. Il prezzo del disprezzo o violenza maschili che la solidarietà tra donne forti può contrastare. Come affermato dalla regista: “Nel mio film non ci sono uomini buoni o cattivi, solo esseri umani che si comportano a seconda delle tradizioni da cui provengono… Certi comportamenti nei confronti delle donne non sono una questione di provenienza religiosa. Il padre di Salma, che è un arabo cristiano, reagisce esattamente come farebbe un ebreo o un mussulmano. E’ una questione di tradizione culturale”. E per superare la tradizione patriarcale occorre, come fanno le protagoniste, andare oltre le interdizioni familiari, le imposizioni delle comunità religiose e delle società conservatrici per inventarsi un’esistenza nuova libera e nel rispetto degli altri.

Laila e Nur

Essendo palestinese con cittadinanza israeliana Maysaloun Hamoud aveva diritto a ottenere i finanziamenti dall’Israel Film Fund, sebbene i registi e artisti palestinesi siano, in Israele, discriminati. Il produttore del film è ebreo e del resto la regista scruta la sua gente, gli arabi e soprattutto i personaggi maschili ne escono malconci. Se i sionisti la criticano, il villaggio palestinese Umm al-Fahm le ha lanciato una fatwa. Il sindaco (che non ha visto il film) ha avvertito, soprattutto le donne, che se fossero andate a vedere questo film si sarebbero macchiate di peccato. Inoltre la regista e le tre attrici hanno ricevuto minacce di morte. Nur e il fidanzato sono di Umm al-Fahm e per questo il sindaco ha ritenuto che potessero gettare discredito alla comunità.
Maysaloun Hamoud non voleva realizzare un film di nicchia ma un’opera che fosse POP(ular) ART, che arrivasse al pubblico: “Un film che una volta che sei uscito dalla sala ti accompagna a casa”. Il film, a tratti brillante o duro, ha un bel ritmo sottolineato da un’avvincente colonna sonora. Un’opera prima di esordio nel lungometraggio che ha ottenuto premi al festival di Toronto, al festival di San Sebastian e a quello di Haifa.

Programmi nelle arene di Roma: https://arenediroma.com/arene2017/