ROBOT. The Human Project, una mostra per interagire con il nostro simile artificiale

Milano. Al MUDEC, tra automi e robot alla ricerca del replicante (fino al 1° agosto 2021)

Ingresso al MUDEC

Al MUDEC si torna sempre volentieri per la varietà delle sue proposte culturali e per la struttura affascinante. Questa mostra, ROBOT. The Human Project, presenta al pubblico le nuove frontiere della robotica. Diverte attraverso l’interazione tra visitatore e robot. Offrendo anche uno spunto di riflessione sulla roboetica e pensiero artificiale. Una mostra in cui fare un viaggio nel tempo: nel passato con gli automi e nel futuro con i robot di ultima generazione.
L’esposizione ripercorre la storia della ricerca e della relazione tra l’essere umano e il suo doppio artificiale: dai primi automi, ai cyborg fino agli androidi. Da sempre l’uomo ha ricercato un alter ego e qui, adulti e bambini, attraverso un approccio immersivo ed esperienziale, possono interagire con i sosia meccanici.

MUDEC, interno

Personalmente, come storica dell’arte, ha trovato particolarmente affascinante la sezione: I Primi Automi. Questi antichi capolavori della tecnica, con la spiegazione del funzionamento dei meccanismi antichi, desta meraviglia. Impossibile rimanere indifferenti all’Ancella automatica di Filone di Bisanzio del III a.C. Nel suo Penumatica Filone descrive una statua di ancella in grado di mescere il vino. I contenitori sono nascosti nel busto e il liquido scende, attraverso la mano destra, nella brocca. Nella mano sinistra sta una coppa vuota, il peso fa abbassare la mano e aprire la valvola dell’aria che entra nel contenitore. Grazie al sistema di vasi comunicanti la brocca versa vino e poi acqua. Quando la coppa è piena la mano che la regge si abbassa, chiude la valvola dell’aria e interrompe la discesa del liquido.

Servo automatico di Philon, ricostruzione moderna da un originale III secolo a.C., Atene, Kotsanas Museum of Ancient Greek Technology

Dai primi automi del III sec. a.C. si passa a quelli sofisticati del Rinascimento e Barocco. Tra i cui costruttori troviamo menti straordinarie come Leonardo da Vinci o Janello Torriani. Tali automi vennero esportati anche in Asia e in Medio Oriente. Alcuni automi antichi originali sono giunti da tutta Europa (in mostra anche l’Automa cinquecentesco di Janello Torriani, l’Automa diavolo di Manfredo Settala e la spettacolare oreficeria di Diana Cacciatrice).
Questi automi si muovono autonomamente attraverso ingegnosi sistemi meccanici nascosti come il seicentesco Automa Settala.

Sala espositiva

Un personaggio a mezzo busto con un volto demoniaco, probabilmente realizzato tra il 1664 e il 1666. Girando una manovella rotea gli occhi, apre la bocca, emette suoni spaventosi e fumo dalla bocca. Proviene dalla collezione di Manfredo Settala (1660 – 1680), ricca di oggetti d’arte, strumenti scientifici e reperti di varie parti del mondo. L’automa aveva la funzione di stupire i visitatori del suo palazzo milanese.
L’Automa Settala è stato acquistato dal Comune di Milano sul mercato antiquario. Il torso e la testa sono stati realizzati in momenti diversi. Quello esposto è una copia realizzata in scala 1:1 dalla UNICAD (una ditta specializzata in tecnologie informatiche all’avanguardia per la riproduzione meccanica di opere d’arte). Si suppone che l’autore dei meccanismi sia stato lo stesso Manfredo Settala.

Copia dell’automa con testa di diavolo proveniente dal museo di Manfredo Settala – ditta UNOCAD 2015, Milano, Civiche Raccolte d’Arte Applicata, Castello Sforzesco

Tali automi, con meccaniche desunte dall’orologeria e che dovevano destare meraviglia, erano molto apprezzati nell’epoca barocca. Non a caso trovavano la loro sede nelle Wunderkammern, le camere delle meraviglie con cui stupire gli ospiti. Dall’era meccanica si compie il salto all’era elettronica.
Se gli automi, creati per suscitare meraviglia si erano sviluppati soprattutto nel teatro e nell’orologeria, la destinazione dei robot era quella di aiutare l’uomo nel suo lavoro.

Battle Droid Commander, Battle Droid, R0-4L0, Super Battle Droid, R5-D4, K-2S0, Pit Droids, Interrogator Droid, R2-D2, C-3P0, BB8, Theed Hangr Droid, TC-14, Mouse Droid, Death Star Droid, IG-88, 4-LOM, dal 1996 al 2016: Kenner, Hasbro, USA, Coll. Fabrizio Modina

Con la scoperta dell’elettricità e l’avvento dell’elettronica si ampliarono le possibilità di elaborare informazioni alfanumeriche, fino ad arrivare alla realizzazione dei moderni personal computer. Tra le prime a cogliere l’opportunità di tali produzioni si distinse l’italiana Olivetti. Nella seconda metà degli anni Cinquanta cominciò a produrre calcolatori meccanici a funzionamento elettronico. In mostra anche lo storico Programma 101, oggi esposto al MoMa di New York. Con troppa enfasi definito dalla rivista americana Business Week (1965): “Desk-top Computer…”. In realtà Pier Giorgio Perotto aveva realizzato non il “primo computer da tavolo al mondo” ma una calcolatrice programmabile da tavolo (classe 1965).

Olivetti Programma 101, Capo progetto Pier Giorgio Perotto, Fondazione Natale Capellaro – Laboratorio-Museo Tecnologicamente, Ivrea

I computer sono inizialmente rudimentali, dalle dimensioni enormi e dalle capacità ridotte. Figura simbolo dell’evoluzione artificiale dell’era dell’elettronica è il robot, dalle sembianze sempre più antropomorfe, un androide. Antonio Marazzi, co-curatore della mostra afferma: “Una operazione di mimesi, quella degli androidi, che facilita l’inserimento del robot nell’ambiente umano e la comunicazione con gli uomini.”
Altro salto epocale è stato quello dell’avvento dell’era digitale.

Plantoid, IIT – Istituto Italiano di Tecnologia, Genova

Le successive sezioni della mostra sono dedicate alla robotica moderna applicata alla medicina e alle neuroscienze. Nella sezione bionica si vedono in azione arti artificiali a scopi biomedici. Esposto un prototipo di arto artificiale tutto made in Italy, Mia. Una mano interattiva sviluppata nel 2018 da Prensilia (spin-off dell’Istituto di Biorobotica della
Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa). Mia interagisce direttamente con il sistema nervoso centrale. Poichè è collegata alle terminazioni nervose superstiti di un arto mutilato. Sembra un miracolo: il pensiero tradotto in impulsi elettrici!

Pepper

Dal robot si è passati al cobot (collaborative robot). Ormai interagiscono con l’uomo nello spazio di lavoro. Assistono gli anziani e sostituiscono anche gli infermieri. Giocano e aiutano i bambini anche nel fare i compiti. Risultano simpatici, comunicativi, emotivi. Sono in grado di interagire anche con le dinamiche dei loro interlocutori. Arrivano a recepire e riprodurre visivamente anche le reazioni emotive dell’interlocutore.

I robot sollevano l’uomo anche da compiti pericolosi. Lo snake robot, serpentiforme, ha esplorato la centrale nucleare di Fukushima (dopo l’incidente del 2011) fornendo importanti informazioni. Plantoide è una pianta robotica che penetra con le sue radici nel terreno e lo esplora imitando i vegetali. I sensori sulle sue radici analizzano la composizione del suolo, rilevando le sostanze inquinanti, e stabiliscono le colture più adeguate.
Mentre i perversi impieghi militari di tali intelligenze artificiali sollevano non pochi problemi di bioetica.

L’esperienza interattiva con il giapponese “social robot” Pepper è uno spasso. Le sue piattaforme robotiche programmabili e didattiche sono particolarmente adatte ai bambini. Mentre il robottino Sanbot Elf, durante i mesi di massima emergenza coronavirus, è stato un importante supporto al team medico in corsia nel reparto “Covid-19” dell’ospedale di Circolo e Fondazione Macchi della ASST Sette Laghi di Varese. Da marzo a novembre il robottino ha “prestato servizio” anche in corsia, monitorando a distanza le condizioni cliniche dei pazienti covidpositivi. In tal modo è stato ridotto il consumo di dispositivi di protezione ed è stato possibile ottimizzare il tempo di medici e infermieri.
Inoltre l’aspetto simpatico e le dimensioni di un bambino hanno giovato all’umore dei pazienti.

Locandina mostra

La mostra si è avvalsa dell’approccio diverso di tre curatori: Alberto Mazzoni, fisico e bioingegnere, responsabile scientifico del Laboratorio di Neuroingegneria computazionale dell’Istituto di Biorobotica della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa; Antonio Marazzi, antropologo, già professore ordinario di Antropologia Culturale e Direttore del corso di perfezionamento in Antropologia Culturale e Sociale presso l’Università di Padova e Lavinia Galli, storica dell’arte e conservatrice del Museo Poldi Pezzoli di Milano.

Informazioni

SEDE: MUDEC – Museo delle Culture di Milano (Via Tortona, 56)
PERIODO DI APERTURA: Dall’1 maggio all’1 agosto 2021
ORARI MOSTRA: Lunedì 14.30 – 19.30 / Martedì – domenica 10.00 – 19.30
Prenotazione obbligatoria sabato e domenica sul sito: https://ticket24ore.vivaticket.it/
La biglietteria chiude un’ora prima (ultimo ingresso)
In queste settimane gli orari di visita sono soggetti a cambiamenti legati all’andamento
dell’emergenza sanitaria e alle disposizioni comunali. Per conoscere gli orari di visita
aggiornati, le modalità di ingresso in mostra e i protocolli di sicurezza usati all’interno del museo per il controllo e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 controllare sempre sul sito mudec.itinfo@mudec.it
PREZZI: INGRESSO SINGOLO INTERO 14,00 € – INGRESSO SINGOLO RIDOTTO 12,00 €
Telefono: +39 02 54917
CATALOGO: “ROBOT. The Human Project” edito da 24 ORE Cultura
https://www.mudec.ithttps://www.ticket24ore.it