57. Biennale Arte di Venezia. “Viva Arte Viva” (Giardini)

Il titolo della 57^ Esposizione Internazionale d’Arte di Venezia, curata da Christine Macel, è “Viva Arte Viva“. Ai Giardini, all’Arsenale e nel centro storico fino al 26 novembre 2017.A Venezia ‘arte diffusa’ in questo periodo. La città è un uno dei luoghi più internazionali dove andare e incontrare artisti.
La Biennale conferma la sua rilevanza anche nei numeri. 86 Partecipazioni Nazionali tra i Giardini, Arsenale e centro storico. Tre Paesi partecipano per la prima volta (Barbuda, Kiribati e Nigeria). 120 artisti invitati provenienti da 51 Paesi. 23 Eventi Collaterali e Progetti Speciali.
La Mostra si sviluppa intorno nove capitoli, due nel Padiglione Centrale ai Giardini e sette nell’Arsenale fino al Giardino delle Vergini. Ognuno dei nove capitoli costituisce un Padiglione o un Trans-padiglione in senso transnazionale. 

Ingresso ai Giardini

La curatrice, Christine Macel, ha voluto una mostra ispirata all’umanesimo: “nel quale l’atto artistico è a un tempo atto di resistenza, di liberazione e di generosità”. Spiegando il titolo la Macel ha affermato: “Viva Arte Viva è così una esclamazione, un’espressione della passione per l’arte e la figura dell’artista. L’arte di oggi, di fronte ai conflitti e ai sussulti del mondo, testimonia la parte più preziosa dell’umanità… L’arte è l’ultimo baluardo”.
Altri Progetti arricchiscono l’esposizione. Ogni venerdì e sabato un artista (durante i sei mesi di esposizione) è protagonista di una Tavola Aperta in cui incontra il pubblico durante un pranzo per dialogare e raccontare il suo lavoro. Per il progetto La mia Biblioteca gli artisti hanmo riunito in una lista le loro letture preferite e nel Padiglione Stirling, ai Giardini, è ospitata la biblioteca degli artisti messa a disposizione del pubblico.

Raymond Hains, American Express/Cards, 1967

Il Padiglione degli Artisti e dei Libri esplicita i suoi protagonisti. Qui vengono indagate le modalità del fare arte. L’otium privilegiato degli artisti, che non è pigrizia ma tempo dedicato alla creatività. Atelier vissuti in comunità e aperti al pubblico. Non escludendo l’aspetto commerciale dell’arte. Già Raymond Hains (1926 -2005) esponeva nel 1987 l’American Express/Cards, chiara allusione al mercato dell’arte. Ispirandosi ai surrealisti contestava la divisione del mondo in nazioni: “Alle Biennali gli artisti sono gli strumenti della propaganda culturale del loro paese. Non desidero che mi impongano dei modi di vedere, io difendo il mio patrimonio culturale”.

Olafur Eliasson, Green Light

Spirito collettivo e problematiche sociali i temi del progetto Green light – An artistic workshop (creato in collaborazione con Thyssen-Bornemisza Art Contemporary, Vienna) di Olafur Eliasson, danese che vive e lavora a Berlino e a Copenaghen. Divenuto famoso con interventi come Green River (1998) quando versava fluoresceina (sostanza non tossica) nei fiumi di alcune città nel mondo facendoli diventare verdi fluorescenti. Nel 2012, insieme all’ingegnere Frederick Ottesen, progetta una lampada a energia solare, Little Sun. Alla Biennale propone una produzione live, in uno studio in cui si aggira il pubblico, dove vengono fabbricate, da migranti e rifugiati, lampade modulari su disegno dell’artista, utilizzando prevalentemente materiale riciclato (greenlightworkshop.org ).

Olafur Eliasson, Green light – An artistic workshop

Competenze diverse che interagiscono in uno stesso luogo. “Organizzazione orizzontale e interconnessa” che oltrepassa la condivisione dello spazio e tempo del lavoro in quanto anche i pasti vengono consumati in comune. I migranti e rifugiati dormono in appartamenti, a Venezia e fuori Venezia, pagati dallo Stato. Le lampade prodotte possono essere acquistate e gli incassi saranno devoluti a due ONG (Emergency e Georg Danzer Haus). Il progetto, portato avanti da una trentina di persone, è artistico, politico, estetico ed etico. L’artista è impegnato nello sviluppo sostenibile, nei problemi dei migranti e della loro integrazione.

Green light – An artistic workshop

Katherine Nunez e Issay Rodriguez (Filippine), due artiste di 25 anni, sono convinte che i lavori artigianali, come il cucito e l’uncinetto, hanno proprietà “meditative, domestiche e decorative”. Con la loro installazione, In Between the Lines, espongono libri in tessuto che il pubblico può sfogliare. Il loro lavoro rappresenta una critica nei confronti di un sistema educativo finalizzato al mercato del lavoro e un invito alla riappropriazione di tecniche artigianali e antichi saperi.

Geng Jianyi’s series of ink-soaked books.

Geng Jianyi (Repubblica Popolare Cinese), che ha fondato nel 1986 la ‘Pond Society’ (collettivo concettuale con l’obiettivo di far interagire l’arte con il mondo, ponendo l’arte al centro della vita quotidiana) presenta le opere della serie (iniziata nel 1999) The Reason Why Classic Is. Libri imbevuti di inchiostro o pittura, svuotati dei loro contenuti e ridotti a mera forma, oggetti che continuano a esistere nella loro pura materialità.

Al Saadi’s Diaries

Per Abdullah Al Saadi, che ha studiato pittura in Giappone (il nihonga che predilige temi naturali), il libro diventa un elemento quotidiano. Dopo essersi laureato in letteratura inglese va a vivere a Kyoto e quando torna negli Emirati si stabilisce tra i monti dove è nato, la regione di Khorfakkan. Alla Biennale presenta Al Saadi’s Diaries,. Dal 1986 redige un diario (oggi centocinquanta quaderni) su un diverso supporto (dal 2016): rotoli (evocativi dei rotoli del Mar Morto) conservati in scatole metalliche, piccoli scrigni di vita.

Hassan Sharif Studio (Supermarket)

Per Hassan Sharif (Emirati Arabi Uniti) l’arte è determinazione. Nella sua opera Supermarket dispone le sculture negli scaffali, come prodotti, inseme ad altre forme di accumulo: scatole di cartone, libri etc. Una rappresentazione della sovrabbondanza del sistema consumistico.
Il cineasta John Waters, (definito da William S. Burroughs: “papa del cattivo gusto”) prediligendo l’eccesso e la satira smonta gli stereotipi del politically correct. In mostra Study Art Sign (For Breeding or Bounty) del 2007, un’insegna pubblicitaria d’epoca trovata accanto alla Scuola di Belle Arti di Baltimora.

Padiglione Germania, esterno

PARTECIPAZIONI NAZIONALI – Giardini
Il Padiglione della GermaniaFaust
Il primo Padiglione da visitare è questo tedesco, che conta lunghe file per l’ingresso dalla porta laterale. Vincitore con Faust del Leone d’Oro per la miglior partecipazione nazionale di questa edizione della Biennale. Anne Imhof ha concepito un’opera di carattere performativo, Faust, in cui i visitatori sono partecipi di una esperienza di ‘ansia consapevole’, anche se al di là dei vetri che li separano dalla scena. Si fa la fila per entrare in un ‘carcere’ (architettura glaciale, color cemento, cavi metallici), forse un ospedale (giovani diafani, ovatta e alcol) o comunque un luogo di potere, protetto da alte sbarre, cancelli e due doberman feroci.

Padiglione Germania, interno

I visitatori, parte integrante della performance, camminano su un pavimento di vetro, quasi uno schermo, sospeso da quello reale. In questa intercapedine si muovono, strisciano, cantano gli attori e i nostri piedi sembrano ‘strusciare’ un touchscreen. Corpi in movimento, immagini, suoni e oggetti che suggeriscono alienazione e inquietudine in uno spazio in cui ci si sente costretti, come in un acquario di vetro. Anche le melodie cantate (composte dalle performer con Anne Imhof e Billy Bultheel) sono estranianti.

Forse come Faust gli abitanti di questo pianeta, post-human e no-gender, hanno già venduto la loro anima al male e alla tecnologia. La messa in scena di questa contemporaneità ansiogena è costituita da cicli per la durata di quattro ore ma il visitatore è libero di muoversi o uscire. L’atmosfera è asfissiante come il potere e la coercizione, per esempio quella dello spazio in cui si muovono i performer.

Il Padiglione della CoreaCounterbalance: The Stone and the Mountain
Si trova accanto a quello tedesco ed è uno dei più interessanti e vivaci, sembra di essere a Las Vegas o Macao, un luogo divertente in cui riflettere. Le opere dei due artisti, Cody Choi e Lee Wan, rappresentano il modo in cui le storie personali si intersecano con quelle nazionali. Cody Choi, nato in Corea, dopo la bancarotta dei genitori si trasferisce negli Stati Uniti (dopo la guerra tra la Corea del Nord e del Sud).

Lee Wan, Proper Time

Presto si rende conto che il racconto americano sentito in Corea era in realtà un bluff. Dopo esser vissuto più di venti anni negli Stati Uniti torna nella sua patria. Nel suo paese ha una crisi di identità e problemi di salute. Nel Pensatore (The Thinker, 1995-96, Pepto-bismol, carta igienica, legno e gesso) raffigura il digestivo e la carta igienica rosa. Lee Wan rappresenta la storia di un giornalista coreano che ha trovato delle sue foto che vuole collegare alla storia nazionale (1936 -2011). Nell’opera con gli orologi rappresenta i tempi di produzione e il mondo del lavoro. Ha collegato 668 orologi all’esistenza di 668 persone chiedendo a ognuno quanto tempo ed energia impiegavano per guadagnarsi un pasto. Ogni orologio scorre in modo diverso perché per ogni individuo il tempo scorre diversamente.

Padiglione Stati Uniti

Il Padiglione degli Stati UnitiTomorrow Is Another Day (Domani è un altro giorno)
La mostra è di Mark Bradford, artista molto impegnato socialmente e interessato agli emarginati. A Venezia ha fondato, insieme al locale ‘Rio Terà dei Pensieri’, Process Collettivo a sostegno dei detenuti nella fase di transizione verso l’autosufficienza. L’arte può essere azione e trasformare il giorno che verrà. Nel Padiglione l’entrata principale è chiusa. Questa immagine della Casa Bianca non è la casa di tutti, il presidente Jefferson sosteneva la schiavitù.

Mark Bradford, installazione:: Tomorrow Is Another Day/Domani è un altro giorno

Lo spazio che Bradford, artista di colore, si è conquistato è underground, sotto le istituzioni. Si entra costretti ad abbassarci, dalla porta secondaria, quella della schiavitù. Le sue opere sono realizzate con materiali riciclati.

Mark Bradford, Medusa

Nell’opera Medusa (2016, acrilico,carta, corda e sigillante) raffigura la madre con una polpa di carta bagnata come fosse ceramica. È il solo artista ad usare carta riciclata traslucida. Usa solo tre colori (rosso, blu e nero) per il giallo stinge il nero con la varecchina. Nel suo video, con il ragazzo che passa davanti alla finestra del suo studio con andatura sicura, sembra suggerire una via di uscita.

Foto di Marco De Felicis

Informazioni
Sedi: Venezia, Giardini e Arsenale
Orari: 10 – 17.30
Fino al 30 settembre venerdì e sabato orario prolungato all’Arsenale fino alle ore 20.
Biglietti: Regular: 25 € per un solo ingresso in ciascuna sede anche in giorni non consecutivi
48h: 30 € valido 48 ore dalla prima convalida
Ridotto 22 €
Sito web: www.labiennale.org
Telefono: 041 5218828