FLEE, un docu-film d’animazione candidato a tre Premi Oscar 2022®

 

La storia vera, tra passato e presente, di un rifugiato afgano. Da oggi al cinema

FLEE foto2 Amin carpet copyright FinalCutforReal
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Il film, FLEE (letteralmente “fuggire”), è il racconto, attraverso un’intervista con il regista-amico, della vita di Amin, strappato dalle sue radici e dai suoi familiari in Afghanistan con l’avvento, negli anni Novanta, del regime dei mujaheddin (finanziati, armati e addestrati prevalentemente dagli Stati Uniti).

FLEE foto1 Amin window copyright FinalCutforReal
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Cosa significa “casa”? Il regista danese Jonas Poher Rasmussen ce lo spiega attraverso l’orrore della guerra. Per la maggior parte di noi è dove torniamo ogni giorno per stare con i nostri cari. Invece per Amin Nawabi (uno pseudonimo) è una ricerca durata per buona parte della sua vita.
Lo spettatore è testimone delle vicende dolorose di Amin, dalla fuga in Russia fino al disperato viaggio in mare verso la Svezia.

FLEE foto4 Amin and Kasper copyright FinalCutforReal
FLEE foto4 Amin and Kasper copyright FinalCutforReal

Ma la biografia di Amin è un racconto stratificato. Politico, perchè è un rifugiato afgano (viveva a Kabul con la sua famiglia) e attraverso le sue vicende conosciamo brani di storia. Per sopravvivere a Mosca (dopo il crollo del muro di Berlino) con visti scaduti era necessario restare chiusi in silenzio in un appartamento e corrompere la polizia se si veniva beccati senza documenti. Emblematica è la scena in cui i due fratelli osservano la fila per l’inaugurazione del McDonald’s (che peraltro, ora, verrà chiuso temporaneamente).

FLEE foto3 Amin and director copyright FinalCutforReal

L’alternativa a questa non-vita è migrare clandestinamente verso la Svezia, dove vive il fratello maggiore. Quest’ultimo ha risparmiato il più possibile, facendo molte rinunce, per inviare i soldi alla sua famiglia per permettere loro di migrare. Qui è lo strato sociologico del film. L’importanza della famiglia nella società e cultura afgana in cui i fratelli maggiori si prendono cura, in assenza del padre, della famiglia e in cui permane un senso di appartenenza e solidarietà a discapito di ogni vicessitudine o lontananza.

FLEE foto6 Amin boy headphones copyright FinalCutforReal
FLEE foto6 Amin boy headphones copyright FinalCutforReal

Il racconto dell’omosessualità di Amin scende nella sua interioritàe tocca le corde della suasensibilità. L’omosessualità è un’altra componente dolorosa del protagonista nella conquista finale della sua identità. Riuscirà a trovarla molto tempo dopo in Danimarca in procinto di sposarsi con il suo compagno. Toccante è la reazione del fratello in Svezia quando Amin gli confida di essere omosessuale.
Il suo nome e il suo aspetto sono di fantasia per proteggerlo. Il suo racconto è quasi psicanalitico perchè Amin, ormai uomo maturo e accademico, rievoca, ad occhi chiusi e sdraiato, i ricordi del suo doloroso passato. Un racconto che ha accettato di esternare, dopo anni, al suo amico e interlocutore, il regista e sceneggiatore Jonas Poher Rasmussen.

FLEE foto5 Amin and mother opyright FinalCutforReal
FLEE foto5 Amin and mother opyright FinalCutforReal

Rasmussen chiude la registrazione dopo poco che Amin si è alzato ponendo fine all’intervista, lasciando a noi le riflessioni per meglio comprendere gli Altri comunque prossimi. Una volta completate le interviste Rasmussen ha composto la sceneggiatura, mettendo a fuoco i principali traumi nella tumultuosa vita del suo amico. L’animazione è stata sicuramente la forma che ha fatto sentire a proprio agio il protagonista tutelandone l’identità (la sua famiglia è tornata in Afghanistan). Quasi con pudore ha reso più facile la narrazione che altrimenti risulterebbe forse troppo cruda e insostenibile, soprattutto per il protagonista. Come ha affermato il regista: “Amin ha ricevuto il credito di scrittore sul film, perché è la sua storia, raccontata con la sua voce”.

FLEE foto7 Amin in nightclub copyright FinalCutforReal
FLEE foto7 Amin in nightclub copyright FinalCutforReal

Tra una narrazione “confessionale” e i riferimenti storici il regista ha scelto la forma ibrida documentaria, aprendo una nuova via all’animazione.
Di forte impatto sono le scene live-action, che intervallano il racconto animato e compongono nel montaggio un’abile tessitura. Sono scene tratte dai cinegiornali d’epoca e servono a collocare la storia di Amin nello spazio e nel tempo, attestando così la natura documentaria della narrazione. Rasmussen ha cercato per ore su Youtube filmati d’archivio della vita quotidiana in Afghanistan e a Mosca durante gli anni Ottanta e Novanta.
Sono state usate due tecniche di animazione: quella a colori 2D convenzionali per mostrare eventi veri del passato e presente di Amin, un’altra più grafica e astratta (come disegni a carboncino) per evocare alcuni passaggi traumatici della sua vita. Quest’ultima tecnica risulta un po’ ridondante mettendo in pausa l’attenzione dello spettatore. Le sequenze animate sono a cura del Sun Creature Studio di Copenaghen.

FLEE poster web nomination
FLEE poster web nomination

Questo “documentario d’animazione” è candidato a tre Oscar 2022®, caso unico, come miglior film internazionale, migliore film di animazione e migliore documentario. Il lungometraggio testimonia attraverso l’animazione, oltre le tristi vicende di chi viene estirpato da casa, soprattutto le grandi cicatrici interiori che restano per tutta la vita. Infatti Amin acquisisce la consapevolezza sul suo bisogno di inseguire e raggiungere obiettivi elaborando i suoi traumi raccontandoli a Rasmussen. Traumi purtroppo ancora frequenti e attuali. Un film che serve a comprendere come il concetto di “casa” e “identità” non sia cosi scontato e c’è chi è alla sua ricerca per un intera vita.

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Final Cut for Real